La storia di Angrogna

Nelle Valli Valdesi, la Val d’Angrogna è fra le più ricche di ricordi, anche molto antichi.

Nel tardo medioevo, nei due secoli precedenti l’adesione alla Riforma protestante (1532), il movimento valdese (non c’è ancora una chiesa) visse nella clandestinità: in Val d’Angrogna ne troviamo memoria in una famosa grotta, la Ghieisa d’la tana (Chiesa della grotta). A Pradeltorno, poco sopra l’attuale tempio, si trova la casa dove verosimilmente avveniva la preparazione dei Barba, i predicatori itineranti: il cosiddetto Coulège. Da qui si può proseguire verso l’alto e raggiungere la famosa Barma Mounastira, incredibile complesso di abitazioni costruite sotto una grande roccia. La prima crociata di Carlo I di Savoia contro i valdesi, nel 1488, fu respinta a Rocciamaneud, luogo chiave all’ingresso della Valle. Altri assalti furono respinti nel 1560, 1655 e 1663). Nel 1488 la tradizione parla di un giovane angrognino Peiret Revel che, con una fionda o una freccia, come nel racconto biblico di Davide e Golia, avrebbe abbattuto il “Nero di Mondovì”, il capitano Sacchetti di Polonghera, imponente guerriero nemico. Poco più avanti, nella strettoia della valle chiamata Rocciaglia, sarebbe stato buttato nel sottostante torrente Angrogna, che in quel punto ancora oggi porta il suo nome: tumpi Saquet.

In Val d’Angrogna ci sono anche i più antichi templi valdesi, quello del capoluogo, il Ciabas e il tempio del Serre. Queste costruzioni risalgono al 1555, circa trent’anni dopo la decisione di aderire alla Riforma protestante assunta da una grande assemblea raccolta nel grande prato di Chanforan, nei pressi del Serre. Il tempio del Ciabas, anche per la sua posizione facilmente raggiungibile dalla pianura, fu sede di grandi predicatori, come Scipione Lentolo e Giaffredo Varaglia. Vi si tennero famose dispute fra teologi rifomati e cattolici, come Possevino. Qui si recò anche Filippo di Racconigi, nel 1560, per ascoltare la nuova predicazione e ricevette dai valdesi la loro confessione di fede.

Una borgata storicamente importante è il Vernè. Qui, in una casa ancora parzialmente riconoscibile (grazie a un disegno di Paolo Paschetto), Giosuè Gianavello “il leone di Rorà”, con il capitano Bartolomeo Jahier di Pramollo, il 27 maggio del 1655 (anno tragico per i massacri delle Pasque Piemontesi), fissarono il loro quartier generale, per la posizione strategica del luogo. Il 18 giugno vi è una furiosa battaglia contro duemila assalitori e la sera il capitano Jahier, spintosi verso la pianura per procurarsi dei viveri, viene ucciso.

Per venire a tempi più recenti, la memoria della Resistenza è rintracciabile in un percorso segnalato (Sentiero dei partigiani); alla Barma e al Cro’ venne stampato il giornale “Il Pioniere” diffuso a partire dal giugno 1944 (800 copie) fino al momento della Liberazione (15.000 copie!).

Salendo sulla strada asfaltata, all’ultimo tornante prima della Vaccera, imboccando una mulattiera sulla sinistra si giunge al Bagnòou, base della omonima banda partigiana, di cui fece parte Jacopo Lombardini, antifascista e predicatore, rifugiato da Carrara alle Valli, dove la Tavola valdese gli affidò un compito di assistenza pedagogica al Convitto di Torre Pellice. Per molti giovani l’educazione e la formazione culturale ricevuta grazie al suo insegnamento fu determinante per decidere diventare partigiani e combattere per la libertà. La casa che fu sede della banda partigiana è stata ristrutturata nei primi anni ’80 come foresteria e ospita campi per ragazzi e incontri vari: è la Ca’ d’la Pàis (Casa della pace).

Resta da segnalare il Museo delle donne valdesi, ricavato nella scuola del Serre, tenacemente voluto dalla locale Unione femminile: una moderna galleria di figure femminili (dalla maestra, alla diaconessa, alla missionaria) che si inserisce opportunamente nel sistema museale delle Valli Valdesi.

(da: Marco Rostan)