La comunità valdese di Rorà fa parte dalle quindici chiese costituitesi successivamente all’adesione dei valdesi alla Riforma protestante nel 1532 e riconosciute dall’accordo di Cavour del 1561, rimasto in vigore fino al 1848.
Fin dalle sue origini, conobbe un lento e graduale sviluppo che portò tra il 1555 e il 1556 all’edificazione di un piccolo tempio. Situato nel centro del villaggio, l’edificio venne però distrutto appena pochi anni dopo: nel corso della campagna militare contro i valdesi del 1560-1561, infatti, il conte Giorgio Costa della Trinità e i suoi soldati misero a ferro e fuoco il paese, devastandolo interamente.
Durante la seconda metà del XVII secolo Rorà fu teatro di alcuni degli avvenimenti più cruenti della storia valdese. Nell’aprile 1655 il paese venne saccheggiato e devastato dalle truppe guidate dal marchese di Pianezza, atto che segnò l’inizio delle cosiddette Pasque Piemontesi. La reazione dei valdesi, guidati da Giosuè Gianavello, non si fece attendere. Nativo di Rorà, Gianavello organizzò la resistenza armata, riuscendo a più riprese a tenere testa agli attacchi nemici.
Dopo un breve periodo di pace, la comunità valdese venne profondamente segnata dall’invasione della val Pellice da parte delle truppe sabaude nel 1686: il tempio fu dato alle fiamme, la popolazione trucidata e tutte le proprietà vennero requisite e successivamente vendute.
Nel corso della guerra di successione spagnola (1702-1713) Rorà ospitò per alcuni giorni Vittorio Amedeo II: il duca, sfuggito all’assedio di Torino, trovò infatti ospitalità per tre giorni in casa dell’ex sindaco Antonio Durand Canton.
Nei primi anni dell’Ottocento la crescente ostilità da parte del locale clero cattolico spinse la comunità valdese ad abbandonare definitivamente il vecchio tempio per costruirne un altro altrove. Dopo alcune traversie, il progetto venne finalmente messo in atto grazie all’aiuto del colonnello inglese Charles Beckwith che si incaricò personalmente di raccogliere i fondi necessari a coprire tutte le spese. I lavori di costruzione, eseguiti da Eugenio Gastaldi e supervisionati dal pastore Ippolito Rollier, furono completati nel 1845 e il nuovo tempio, situato a levante dell’abitato, venne inaugurato nel gennaio dell’anno successivo.
Il lungo pastorato di Giovanni Daniele Armand Hugon rappresentò un momento molto importante nella vita della chiesa. Nel corso dei trent’anni trascorsi a Rorà, infatti, riorganizzò e potenziò le diverse attività ecclesiastiche, dedicandosi in particolare ai più giovani e alle donne.
Come altre chiese delle Valli valdesi, anche Rorà fu toccata tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo dal fenomeno dell’emigrazione verso la Francia, gli Stati Uniti e il sud America. Nel 1872 trenta famiglie valdesi si trasferirono definitivamente in Argentina, dove tra mille difficoltà fondarono una piccola cittadina chiamata Colonia Alejandra.
Testo di Luca Pilone, fonte: Patrimonio culturale metodista e valdese; il testo integrale si trova qui