La presenza valdese a Prali, la sua storia e la sua cultura
Non ci sono dati specifici sull’inizio della presenza valdese a Prali. È probabile che verso la fine del Medioevo in questa zona, data l’altitudine, la presenza umana sia stata prevalentemente stagionale e che si sia consolidata solo più tardi, per sfuggire alle vessazioni crescenti a cui erano sottoposti i valdesi.
Nel 1451 da un processo a Pinerolo si evidenzia che vi erano nove capifamiglia a Prali. Sicuramente all’inizio del XVI secolo i valdesi si erano ormai stabiliti con continuità nella zona, perché nel 1533 vi si tiene un Sinodo a Pra Daval in cui vengono riesaminate le questioni già affrontate nel Sinodo di Chanforan ad Angrogna l’anno precedente, confermando l’adesione alla Riforma protestante. Questo evento segna una svolta nel valdismo: si passa da movimento a chiesa strutturata, con templi, ministero pastorale stanziale al posto dei predicatori (barba) itineranti.
Il tempio di Prali (ora sede del Museo) del 1556 è uno dei primi ad essere costruito. Nel 1580 una relazione indica che la popolazione di Prali e Rodoretto è “completamente eretica”, come nella maggior parte della zona alta di quelle che saranno chiamate “valli valdesi”. Nel 1630 la famosa peste si registra anche a Prali come ovunque nel Pinerolese. Possiamo avere un’idea della popolazione residua da una relazione che nel 1636 registra ventisette famiglie a Prali, tutte di eretici.
Nel 1655 l’ondata repressiva nota come “Primavera di sangue” colpisce anche Prali, ma qui sembra che, agli abitanti sia stata risparmiata qualche violenza più brutale, perché il comandante Villa al suo reggimento “fa fatto dare buonissimi ordini per non bruciare o fare altro male”. Del tutto diversa fu la situazione nel 1686; uno storico racconta che da Prali furono strappate 400 persone, senza risparmiare donne, vecchi e bambini, tolti con violenza alle braccia delle loro madri, mentre gli adulti venivano imprigionati o impiccati. I terreni confiscati ai valdesi furono venduti all’asta in grandi lotti. Tre anni dopo, nel 1689, venne organizzata l’impresa, divenuta leggendaria con il nome di “Glorioso Rimpatrio”. Dal lago Lemano i valdesi superstiti giunsero a Prali l’8 settembre. Qui ritrovarono il loro tempio utilizzato nel frattempo come chiesa cattolica; tolsero le immagini sacre e vi celebrarono il primo culto. Sulla facciata del tempio nel 1889 fu affissa una lapide in ricordo del primo culto, presieduto dal pastore Henri Arnaud che aveva guidato l’impresa.
Il settecento è notoriamente il secolo dei Lumi, che privilegia la ragione rispetto alla fede: razionalisti più che teologi sono anche i pastori valdesi. I culti e l’istruzione religiosa vanno avanti con senso di routine, senza svolte di rilievo.
La prima metà dell’ottocento è quella del Risveglio religioso, della creazione delle cosiddette “scuole Beckwith”, edifici costruiti per iniziativa e grazie ai finanziamenti del colonnello inglese Charles Beckwith. Ogni borgata viene dotata di una scuola per l’istruzione primaria. Nella seconda metà del secolo fino all’inizio del XX secolo si assiste ad un moltiplicarsi di attività ecclesiastiche: catechismi, scuole domenicali, associazioni femminili e giovanili, gruppi corali ecc.
Il ventesimo secolo, soprattutto nella seconda metà, porta un mutamento radicale delle condizioni di vita e per riflesso anche della pratica religiosa. Nel 1929 è costruita la strada carrozzabile che porta fino a Prali. Durante la seconda guerra mondiale, nel 1940, il tempio di Ghigo viene trasformato in deposito militare; nel 1944 i luoghi di Ghigo e Indiritti sono incendiati dai nazisti; vengono risparmiati dall’incendio il tempio ed il presbiterio.
Il dopoguerra porta anche a Prali una trasformazione sempre più veloce: nel 1951 si inaugura il Centro ecumenico di Agape, opera che porterà il primo flusso di turisti a Prali; nel 1959 si inaugura la seggiovia Tredici Laghi; nel 1962 il nuovo tempio di Ghigo, nel 1965 il Museo nel vecchio tempio.
Come in tutte le valli valdesi la cultura di base ha una lunga storia. Ben prima della diffusione delle cosiddette “scuole Beckwith”, l’insegnamento della lettura e della scrittura, finalizzate innanzitutto alla conoscenza della Bibbia, era diffuso e praticato anche in luoghi di fortuna come le stalle, favorite dal calore degli animali. Vale comunque la pena di ricordare che la cultura non è stata solo quella che si diffondeva attraverso la scuola ma anche quella orale e materiale. La lingua (patois) tipica di Prali denota forse una fase storica più antica del consolidamento della parlata occitana presente in forma diversa nelle altre valli. La musica ed il canto, presenti a Prali, hanno registrato un ricco repertorio di musiche e canzoni, non di rado oggetto di studio. Prali vanta il più ricco “Libre d’la chansoun” conosciuto: una raccolta di ben trecentosessantatre canti. Oggi ancora esiste una corale della chiesa e fino a poco tempo fa è stato attivo anche un coretto di adolescenti.
Oltre a ciò che il museo offre, la cultura la ritroviamo anche nello sviluppo dell’abilità manuale, artigianale. La presenza del talco e delle diverse essenze di legno ha indotto diverse persone a coltivare la scultura, non solo di oggetti utili (come si possono osservare nel Museo) ma anche di piccoli oggetti da ornamento che riproducono di solito gli animali tipici della zona.
Nel 2002 nasce Pralibro, manifestazione sorta dalla collaborazione di due librerie torinesi con la chiesa valdese di Prali, con lo scopo di favorire la lettura, in particolare dei più giovani. Nei mesi di luglio ed agosto si alternano presentazioni di libri, conferenze, spettacoli nel tempio valdese mentre la sala adiacente è trasformata in libreria permanente.